In questo primo volume della trilogia In nome del padre e della madre Antonio Bertoli ci parla di come la nascita dell'umanità, che coincide con l'invenzione della psiche, corrisponda all'Invenzione del Padre: una figura completamente ignota alla natura, la quale conosce solo padri biologici che non si occupano dei figli né hanno legami stabili con la femmina. Col padre nasce anche un rapporto tra uomo e donna che si sostituisce a quello tra maschile e femminile proprio della biologia: nasce la coppia monogamica – anche questa sconosciuta alla natura – e nasce anche la famiglia, e con essa la genealogia. Il figlio diventa l’esito di un triangolo edipico - non è più figlio della sola madre - e il maschile e il femminile acquisiscono così un significato in termini genealogici, oltre che archetipici. La successione delle generazioni genera un modello psicogenealogico che spesso offusca la grande risorsa costituita da ciò che ha fondato la stessa umanità e il suo successo evolutivo: la creatività e la parola – vale a dire l’archetipo psichico. Questo archetipo diventa un anelito a cui ciascuno tende per la propria realizzazione e autenticità, impedite però dalla fedeltà inconscia al modello genealogico-familiare. Ciò innesca una lotta interiore che deve necessariamente trovare una soluzione: di ciò si incarica quella parte di noi che ha più storia e repertorio di soluzioni alle spalle, la biologia, che interviene con i suoi mezzi e secondo le sue proprie ragioni – come ha ben dimostrato la nuova medicina. La malattia è dunque il ricorso forzato alla biologia in carenza di archetipo psichico, a causa di una fedeltà inconscia al modello psicogenealogico trasmesso dalla famiglia.