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Nel XVI secolo Paracelso credeva che per fare un bambino si dovesse prendere del seme umano, sigillarlo in un’ampolla di vetro, tenerlo nel letame equino per quaranta giorni e infine sottoporlo a magnetizzazione. Il contributo centrale della donna alla procreazione non era nemmeno immaginato. Può sembrare una bizzarria arcaica della quale sorridere, eppure ancora a metà Ottocento il grande naturalista inglese Richard Owen continuava a classificare gli spermatozoi tra i parassiti dell’uomo, ignorandone completamente il significato.
Da quelle nebuolose forme di conoscenza sono stati compiuti immensi progressi, e già da tempo, ormai, abbiamo slegato il concepimento dal sesso grazie agli anticoncezionali, rendendo la donna libera di scegliere se, quando e quanti figli avere. È stata una svolta epocale che ha cambiato radicalmente, e in meglio, il volto della società in cui viviamo. Ora, potrebbe seguire un’altra rivoluzione, forse non così lontana: nientemeno che fare figli da soli. La storia di come avviene la fecondazione che i nostri ragazzi imparano a scuola è un enorme passo avanti rispetto a quello che si credeva fino a non molto tempo fa.
Ma, anche così, è una storia molto provvisoria e semplificata: fecondazione e gravidanza sono processi molto delicati, ancora pieni di mistero e sui quali gravano ancora preconcetti antichi di migliaia di anni. Oggi, fortunatamente, conosciamo molte più cose e siamo persino tecnicamente in grado di intervenire nel processo, proprio mentre la fecondità media subisce un crollo verticale e si alza l’età dei genitori al loro primo figlio. Il futuro del concepimento è a un bivio, ed è questa la storia rivoluzionaria che Aarathi Prasad ci racconta, con garbata semplicità e ineccepibile competenza.
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