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Bisogna sempre essere ebbri. Tutto è lì: si tratta solo di questo. Per non sentire l’orribile fardello del Tempo che vi spezza le spalle e vi abbatte verso terra, bisogna che vi inebriate senza tregua. Ma di cosa? Di vino, di poesia o di virtù, a piacer vostro. Ma siate ebbri. Perché una nuova traduzione di Spleen parigino di Baudelaire? – si domanda nella prefazione al volume Tito Baldini, anticipando così l’indubbia curiosità di molti altri lettori. I testi importanti – argomenta Baldini nel prisma della cultura psicoanalitica che gli è propria– «vivono organicamente» per sempre, si modificano, si adattano ai tempi, alla psicologia dei popoli e anche a quella degli appassionati curatori-traduttori.
La traduzione che vi approssimate a leggere – continua – merita attenzione perché nel suo implicito «parla» di una cura, quella dell’anima disperata e impossibilitata alla vita che diviene progressivamente meno monadica e difesa e incontra l’umano e – diciamolo senza timore – la speranza, l’«area dell’illusione», spazio metaforico tra cose presenti e non, viventi e non. Spazio che dà vita all’uomo. Che dà vita all’arte. Il mio lavoro – ci confida il traduttore, Angelo Ariemma – è stato uno scavare, attraverso la parola del poeta, nella mia interiorità, per ritrovare le ragioni dell’esistere umano, al di là dell’apparire, nella reciproca condivisione di idee, sentimenti, affetti. Spero quindi che anche chi vorrà leggere questa traduzione, vi possa trovare quel prezioso senso di condivisione che ci fa umani, al di là dei tempi e dei luoghi, delle lingue e delle culture, delle storie di ognuno e delle mode imperanti.
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