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Stefano Cucchi, geometra trentunenne con la passione per la boxe, muore a Roma il 22 ottobre 2009, nel letto del presidio ospedaliero protetto Sandro Pertini per "presunta morte naturale". Una settimana prima era stato arrestato per possesso di sostanze stupefacenti. Per 7 giorni resterà nelle mani dello Stato: dai Carabinieri alla Polizia penitenziaria, dai funzionari del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria al magistrato che ne convalida il fermo per direttissima, dai medici del carcere di Regina Coeli e dell'ospedale Fatebenefratelli al personale del presidio Pertini. In 7 giorni, prima di morire, perderà quasi 10 kg. La famiglia lo rivedrà solo dopo la morte, dietro a una teca di vetro: sul suo corpo, inequivocabili segni di percosse.
Dopo tre anni e mezzo di processo, la recente sentenza commina condanne lievi ai medici, assoluzione per tutti gli altri, compresi i tre agenti di Polizia penitenziaria accusati di aver pestato Cucchi nelle celle di sicurezza del tribunale di piazzale Clodio, in attesa dell’udienza. Questa è la ricostruzione dei fatti dalla parte dei "vinti": una versione autentica, aggiornata, puntigliosa e fedele - minuto per minuto, attore per attore - di che cosa accadde tra l’arresto di Stefano e la sua morte. Un libro che - dopo quattro anni esatti, recuperando testimonianze di fatto accantonate - depura i fatti dai silenzi e dalle omissioni, e restituisce dignità alle parole della famiglia Cucchi, che - come in un amaro controcanto - racconta quei 7 giorni kafkiani. Il testo non solo ripercorre la "cronaca" di quei giorni attraverso i passaggi processuali approfonditi con il legale della famiglia di Stefano, Fabio Anselmo, ma racconta - grazie al contributo schietto e mai retorico della sua famiglia - la persona Stefano Cucchi, con la sua umanità e le sue debolezze.
C'è di più, alcuni paragrafi sono dedicati ai "nodi" che Stefano Cucchi, lungo il percorso che l’ha portato alla morte, non ha potuto sciogliere: la normativa in materia di sostanze stupefacenti; lo scollamento della "catena di comando" tra i molteplici pezzi di Stato (medici, agenti, magistrati, infermieri, funzionari); la questione del reato di tortura, la cui mancanza misura l'arretratezza giuridica del Paese. Ultimo ma non meno importante, l'"esercizio esclusivo della forza" da parte dello Stato - e il suo abuso - che è invece il tema sotteso all'intero libro.
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