Con Macondo, Márquez inaugurò l'epoca del realismo magico, la peculiare commistione tra la realtà drammatica dell'America Latina e la dimensione leggendaria e mitica che lo consacrò come uno dei massimi autori della letteratura mondiale. Da quel momento non smise più di raccontare il fascino e la purezza della cultura degli indios, i loro dolori malinconici e la dolce intensità dei Caraibi americani, che celebrò nelle raccolte successive, nell'Incredibile e triste storia della candida Eréndira e della sua nonna snaturata e nei Funerali della Mamá Grande, dove un visionario cantastorie narra le fastose esequie dell'autentica sovrana di Macondo. Di racconto in racconto, si arriva fino ai recenti Dodici racconti raminghi, che trasferiscono lo scenario nella vecchia Europa per parlarci del destino dei latinoamericani immigrati, della loro tenacia e dei loro sogni, dove la magia e l'atmosfera tragica si mescolano in un mondo che non è altro che "un immenso giocattolo a molla con cui si inventa la vita".