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Tutto questo vivere "per sé" e mai con, e soprattutto per gli altri, fa ammalare. L'essere umano è programmato, biologicamente e simbolicamente, per il dono. Non vedere questo lato della vita, la meraviglia dell'abbondanza che ci si rovescia addosso non appena accettiamo lo stupore dell'incontro con l'altro, l'emozione della relazione, per rinchiuderci invece nella prigione dell'accumulo, del calcolo, dell'avarizia è patologico, prima ancora che cretino. Il narcisismo che permea la nostra cultura è portatore di nevrosi, paure e soprattutto di infelicità.
Lo sa bene Claudio Risé che, dal suo osservatorio di terapeuta, vede i volti, i movimenti, gli stili delle malattie dell'anima. Controllare, misurare, giudicare, per paura di incontrare nel profondo i nostri simili, vuol dire frenare il flusso vitale delle relazioni, delle passioni, dei desideri, dell'amore. Della vita, insomma. Felicità - invece - è donarsi e accogliere i doni dell'esistenza. Felicità è darsi e dare, aprirsi e levare lo sguardo dal proprio ombelico. È solo donando che possiamo diventare partecipi delle abbondanze, perché è solo così che usciamo finalmente dal mondo chiuso, asfittico dell'Ego, dove regnano la povertà piagnucolosa, e il bisogno nevrotico.
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