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Sono molte le persone che hanno avuto «esperienze di morte condivisa», eppure resta un fenomeno difficilmente definibile. Le persone che le sperimentano si trovano in condizioni molto diverse: possono essere vicine o lontane fisicamente, possono essere parenti, amici ma anche medici o infermieri che assistono colui che sta passando a un'altra vita.
Moody non da risposte certe, ma ipotizza che nel nostro cervello ci sia un modulo che ci permette di metterci in contatto con il divino, e che non sappiamo come attivare volontariamente.
Forse una forma di telepatia, forse un'altra forma di comunicazione che non riusciamo ancora a dimostrare scientificamente. Ma quel che è certo, per Moody, è che l'esperienza di morte condivisa è una verità potente che può insegnare molto a chi resta e confortarlo nel momento del dolore
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