|
Le centinaia di pagine lette sul tema, i tanti e “contraddittori” discorsi di Osho che ho ascoltato, ma soprattutto l’esperienza di 52 anni di vita sessualmente attiva mi hanno portato a delle conclusioni (per carità, sempre aperte e perfettibili) che vorrei condividere con i lettori. La prima comprensione è che non esiste un comportamento sessuale giusto in assoluto ma che al contrario si tratta di riconoscere bisogni e attitudini molto diverse tra di loro, a seconda delle diverse fasi della vita. Ed è per questa ragione, del resto, che confrontando i tanti discorsi di Osho sul sesso si possono trovare contraddizioni apparenti. Un discorso sul sesso rivolto a ventenni può e deve essere diverso da un discorso per chi ha quaranta o sessant’anni. Io ad esempio per una gran parte della mia vita ho concepito la sessualità come chiave per conoscere più in profondità e più rapidamente il femminile.
Mentre la tradizione propone come valore l’attesa della persona giusta per iniziare una relazione sessuale, per tanto tempo ho pensato che per trovare la persona giusta fosse importante sperimentare sessualmente a 360 gradi. Oggi penso che questo approccio sia valido solo per gli adolescenti. Credo sia importantissimo nel primo periodo della vita relazionale esplorare l’altro universo di genere perché attraverso la conoscenza sessuale a quindici, venti, venticinque anni si può davvero, entrando rapidamente in intimità, andare oltre le inevitabili maschere e difese a protezione del proprio essere. Ma non solo, svelando anche quella rappresentazione di se per apparire diverso e migliore di quello che si è, che spesso nella vita ci fa dire “ma chi sei veramente… sembri un’altra persona…” Se si riuscisse a vent’anni a cogliere e dare più importanza ai comportamenti sessuali che svelano gran parte della realtà dell’essere, si potrebbero evitare o ridurre tante brevi relazioni con persone “sbagliate”. Egoismo, generosità, sensibilità, apertura… la sessualità è specchio importante per conoscere qualità e difetti ed è questa la fase della vita in cui si cambia, si cresce e si è più disponibili a venirsi incontro con leggerezza.
Nell’adolescenza l’esplorazione e la conoscenza di quanti più essere umani attraversano la nostra vita può portare ad una seconda fase in cui matura spesso il desiderio di una relazione più duratura, più importante, in cui coscientemente o meno si è alla ricerca della persona “giusta” con cui condividere la vita. In questa fase, col mio senno di poi, riconosco il valore di quella parte di tradizione che sostiene il valore della fedeltà o comunque della dedizione al rapporto che si è scelto. Il che significa dedizione all’altro e dedizione a se stessi, per conoscersi di più: bisogni, proiezioni, la percezione della differenza che esiste tra l’uso reciproco e lo scambio d’amore. Tra la fedeltà come libera scelta e il possedersi l’un l’altro.
E’ la fase in cui la dimensione romantica del sogno d’amore, che spesso accompagna la fase adolescenziale multisessuale come polarità opposte ma complementari, dovrebbe lasciare il posto ad una maturazione e comprensione dei limiti e delle potenzialità degli esseri umani rispetto alla sessualità. E’ anche la fase in cui è più difficile cambiare se stessi, perché comprendere se stessi, anche i propri limiti, non significa necessariamente riuscire a cambiare. E qui nelle relazioni, a metà della vita, il persistere nello sperare di cambiare in meglio e nel voler cambiare l’altro, o sperare l’altro cambi, è forse il drammatico errore in cui siamo caduti a milioni… Si potrebbero evitare anni di sofferenze se si accettasse la verità basilare che è già importante arrivare ad accettare se stessi e l’altro senza puntare una vita sul cambiamento. Se poi, come può succedere, accadono dei cambiamenti questo fa parte di quei piccoli miracoli nelle relazioni che aiutano ad integrarsi, ma non può essere il sogno quotidiano, l’aspettativa costante che poi trasforma la vita in un incubo diluito nel tempo. E qui a mio avviso la tradizione coglie nel segno rispetto i nuovi rapporti, le nuove relazioni. In questa seconda fase della vita è importante prima conoscersi e poi aprirsi alla sessualità, rovesciando letteralmente l’approccio giovanile del sesso come occasione e strumento di conoscenza.
Nella seconda fase della vita, quando le abitudini, i condizionamenti, e soprattutto la personalità si è consolidata, è essenziale la frequentazione per conoscersi il più possibile, prima di aprirsi alla sessualità. Perché questa è anche la fase della vita dove la sessualità, quando ha un riscontro reciproco, cioè quando l’intesa sessuale è forte, può diventare un attaccamento che rischia di far trascinare relazioni conflittuali per anni quando vi è scontro di personalità, divaricazioni di interessi di vita. Quante coppie mature stanno insieme per il sesso ma si creano una vita d’inferno perché non c’è comunione d’intenti, condivisione di interessi culturali? E non riescono a lasciarsi per l’attaccamento all’energia vitale che si esprime con la sessualità? A metà della vita questo è il rischio maggiore dell’eterno adolescente che si trascina nel tempo il modello giovanile del “conoscersi attraverso la sessualità”.
In realtà quindi non bisognerebbe fidanzarsi da giovani ma bisognerebbe fidanzarsi da adulti, prima di fare sesso. Poi nell’ultimissima fase della vita attiva, fatto culturale più che biologico, la dimensione sessuale perde valore e si divarica fortemente tra genere maschile e genere femminile. Per cultura e condizionamenti nel maschio dura più a lungo quel sentirsi vivo identificato con la sessualità. La mia percezione è che qui diventa importantissimo arrivare a conquistare quello spazio di solitudine intensa e appagante che è altra dal sentirsi soli che porta improbabili e tardivi signori a cercare un qualcuno che rischia di essere un chiunque che copra il vuoto esistenziale. Ma questa è una storia che ancora non fa parte della mia esperienza . Ne parleremo magari tra qualche anno…
(Majid Valcarenghi)
|