Questo breve romanzo fu scritto da Tolstoj tra il 1856 e il 1859, anni di grande crisi morale e spirituale, determinata da una serie di fattori ed aggravata dalla morte del fratello Nikolaj.
È nello stesso periodo che T. allaccia una relazione - mai culminata in un autentico fidanzamento - con Verija Vladimirovna Arsen'eva; la fanciulla, orfana di entrambi i genitori, era sotto la tutela legale di T., che esercitava questo ruolo proteggendola, guidandola, educandola, fino alla rottura finale - avvenuta tramite una lettera - voluta da Tolstoj. "Tu hai riflettuto, hai riflettuto tanto, ma mi hai amato poco" dice Masa a Sergej, nella scena finale del romanzo: la felicità di un tempo è tramontata per sempre. C'è un nuovo, più assennato, calmo, costruttivo sentimento, ci sono i figli, la casa, la balia, il tè, l'ordine: ma è questa la felicità? Il tema delle incomprensioni, dei difficili equilibri di coppia, dei rapporti che mutano - dalla piena sintonia ai malintesi, agli equivoci, alle incrinature è stato affrontato da Tolstoj in molte opere, da "Guerra e pace" a "Anna Karenina". Qui l'autore lascia aperta la questione, quasi volesse lasciare al lettore la risposta, o forse la ricerca di una risposta.
Dall'analisi di alcune lettere che T. - in quel periodo - inviò a Verija si evincono i prodromi del pensiero Tolstojano: la donna vista principalmente come moglie e madre, la concezione di una vita a contatto con la natura, la vera felicità che consiste nel rifuggire la vita in città, la mondanità, la gioia del vivere in campagna. Temi ripresi in seguito nelle varie opere: i Cosacchi con l'esaltazione di questa vita primitiva e vera, Anna Karenina dove alla mondanità dei vari personaggi, viene continuamente contrapposta la filosofia di vita di Levin, ostile alla città e sereno solo nei suoi boschi, in mezzo ai suoi contadini, con i quali condivide, senza risparmiarsi, anche il lavoro nei campi.
Queste idee, il rapporto con Verija, le sue concezioni sulla vita, sull'amore sono presenti anche nel romanzo oggetto di analisi: "La felicità familiare".
I due protagonisti, Masa e Sergej, ricordano proprio Verija e T.: anche Masa vive in campagna, è orfana di entrambi i genitori - il romanzo inizia proprio nel periodo immediato alla morte della madre - e Sergej è il suo tutore; però, a differenza della vera relazione tra V.e T. Masa e Sergej dopo essersi innamorati si sposano, ma il loro matrimonio risulterà essere tutt'altro che felice; la felicità del titolo si rivelerà solo una mera chimera. La storia viene interamente narrata da Masa, quindi il punto di vista per tutto il romanzo sarà sempre il suo. Dalla narrazione sembra quasi che l'acme della felicità siano stati pochi attimi durante l'innamoramento, quei pochi, intensi, sublimi attimi in cui sembra quasi che le anime dei due innamorati palpitino all'istante, la realtà esterna non esista più, ma l'unica verità tangibile e reale è la presenza dell'uno per l'altra.
A fare da cornice al racconto, in maniera quasi ossessiva si parla e si analizza la felicità, e le condizioni climatiche che assumono una forte valenza metaforica.
Nel primo capitolo della prima parte, Masa racconta lo stato di desolazione psicologica nella quale si trova dopo la morte della madre: da un lato un senso di abbandono, di dolore per questa perdita così grave, considerata anche la giovanissima età della protagonista; dall'altro un senso di angoscia, uno svuotamento interiore causato dalla noia di giornate sempre uguali, tutte trascorse in campagna, giornate dove non accade nulla, dove i rari visitatori parlano sottovoce per rispettare il periodo di lutto. E giorno dopo giorno Masa sente la sua giovinezza sfumare, prova amarezza per la sua bellezza sprecata. Lei vorrebbe andare a Pietroburgo, essere introdotta in società, ed invece, a causa di questo lutto tutto è rimandato, tutto deve essere sottoposto al vaglio di Sergej, il suo tutore legale.
"La perdita della mamma era stata per me un gran dolore, ma devo confessare che al di là di questo dolore sentivo pure che ero giovane, bella, come tutti mi dicevano, e che, ecco, sciupavo già il secondo inverno inutilmente nella solitudine, in campagna. Verso la fine dell'inverno, questo senso di angoscia della solitudine, e semplicemente di noia, si accrebbe a tal segno che non uscivo dalla camera, non aprivo il pianoforte, non prendevo un libro in mano."
Questo capitolo si svolge interamente in inverno, e le condizioni climatiche vengono continuamente descritte, ripetute, analizzate: il gelo, il freddo, l'inverno, la neve, non sono delle descrizioni ambientali fini a se stesse, ma sottolineano lo stato d'animo di Masa.
Non è azzardato supporre che l'inverno, il freddo, il gelo - soprattutto il gelo - perdono la loro funzione semantica, per assumere il significato di morse che imprigionano Masa. L'anima di Masa è completamente avvolta dal gelo, completamente intorpidita.
"Trascorremmo un inverno freddo e triste nella nostra vecchia casa. Il tempo era freddo, ventoso, tanto che i cumuli di neve salivano più su delle finestre; i vetri delle finestre erano quasi sempre incrostati di gelo ed opachi."
In entrambi i brani vi si leggono una serie di parole che hanno un comune denominatore: perdita, dolore, sciupavo, solitudine, angoscia, inverno, noia, freddo, triste, ventoso, neve, opachi; il primo brano si chiude con una serie di negazioni: "non uscivo", "non aprivo", "non prendevo".
La situazione si capovolge con l'arrivo di Sergej - il tutore - la sua visita è attesa per una questione meramente pratica: la situazione economica è gestita da lui, quindi, sarà lui a dover stabilire, in base alle condizioni patrimoniali, se è possibile lasciare la campagna per andare in città. Il suo arrivò acquisterà un'ulteriore significato: oltre che "dispensator
e" di buone notizie circa il patrimonio, la sua presenza porterà anche gioia e felicità: "Era come se, ad un tratto, la nostra vecchia e cupa casa di Pokrovskoe.si fosse colmata di vita e di luce".
Sergej sprona Masa a superare la propria apatia, a scuotersi dall'indolenza tenendosi occupata con la musica, le ripetizioni alla sorellina, la lettura.
A primavera, quindi col bel tempo, quando il calore ha sciolto il gelo, e metaforicamente l'anima di Masa dal torpore, Sergej ritorna.
Da qui si dipana la vicenda, seguendo una trama breve e poco articolata: Masa e Sergej, nonostante la grande differenza d'età, si innamorano e si sposano.
Ma come in tutte le opere di T. gli stati d'animo sono descritti dettagliatamente, Masa, personaggio tendente all'introspezione, scandaglierà la sua coscienza, fino a leggere in se stessa con grande ed enorme chiarezza. Finalmente Masa è contenta: Sergej la stima, l'apprezza, l'ascolta, la sprona a studiare e migliorarsi sempre più. Ma Sergej è un uomo rigido, severo, governato da regole morali estremamente ferree, e Masa intuisce che per piacergli deve curare la sua anima, la sua interiorità, perché l'aspetto estetico, come tutto ciò che è legato ai beni materiali e mondani è estraneo ed indifferente all'etica di Sergej.
Masa inizia a fare suoi i rigidi valori di Sergej: è sempre meno interessata al suo aspetto, legge moltissimo, inizia a vivere per gli altri dimenticando se stessa.
In realtà Masa continua a vivere per se stessa perché per ogni minima attenzione dedicata agli altri, prova un forte autocompiacimento, il suo io non è dimenticato, semmai esaltato da questo "gioco". Fino a quando, dopo il matrimonio, Masa inizia a sentire sempre più forte la noia di una vita ritirata, dove ogni ora della giornata è scandita da un rituale, dove ogni decisione è delegata alla suocera, presenza incombente e temuta. Masa inizia a sentire sempre più pressante il desiderio di vita, di mondanità, di ammirazione. Al riguardo mi sembra significativo il seguente brano:
"Nel mio gabinetto, arredato dalle cure diligenti di Tat'jana Semenovna, erano i mobili migliori, di diversi secoli e forme differenti e, fra l'altro, un'antica specchiera nella quale da principio non potevo guardarmi senza provare un senso di timidezza, ma che, in seguito, mi divenne cara come una vecchia amica."
Lo specchio è la metafora della vanità umana, esso ci consente di vederci, contemplare la nostra figura, ammirare la nostra bellezza.
Masa, all'inizio della sua vita matrimoniale, quando ancora era presa dalla contemplazione della sua anima, prova timidezza all'idea di contemplare se stessa, la sua bellezza, ma nel momento in cui viene lusingata dalla vita mondana, cambia atteggiamento anche nei riguardi dello specchio, visto come un amico nel quale guardarsi ed attraverso il quale amarsi.
Ma Sergej non segue Masa in questa evoluzione della sua anima e della sua personalità, l'idea di frequentare la società gli rimane estranea, non gioisce dei successi della moglie, spesso quando sono all'estero addirittura si separano frequentando località diverse.
Masa spesso si chiede cosa ne sia stato di quell'amore che sembrava così forte, così speciale, mentre ora sente solo vuoto e rimpianto anche se apparentemente non è cambiato nulla.
(Giovanna Nobile) fonte:
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