Questo è un estratto dal nuovo libro di Arnold Ehret inedito in italiano "Insegnamenti sul digiuno": Un tentativo di digiuno di 49 giorni. "Il tentativo di digiuno di sette settimane che mi ero prefissato per questa estate rappresenta la conclusione di una serie di esperimenti dietetici che ho intrapreso negli ultimi 12 anni, i cui risultati importanti ed istruttivi vorrei qui rendere pubblici per la prima volta. I successi ottenuti, in effetti, vertono talmente a favore di un alimentazione vegetariana, soprattutto la dieta a base di frutta, che è tempo di presentarli a chi è vegetariano. Se mi sono sminuito esibendomi come un saltimbanco, facendomi chiudere in una serra di vetro sigillata dal notaio reale Dorst nel museo di Kaftan a Colonia, esponendomi giorno e notte al pubblico ludibrio, l'ho fatto per tre importanti motivi, che vorrei esporre rispondendo al generale pregiudizio nei confronti delle rappresentazioni teatrali: primo per proteggere me stesso dalla tentazione di assumere del cibo solido, secondo per ottenere una prova ufficiale del fatto che io non veda traccia alcuna di cibo solido.
Sono passati i tempi quando si poteva digiunare facendo l'eremita nel bosco e venendo poi creduti. Terzo motivo, per rendere pubblico l'insegnamento del digiuno. Così, il 26 giugno del 1909, alle 8 di sera, dopo avere tenuto una conferenza sugli effetti del digiuno sul corpo umano, venni chiuso in quella serra, precedentemente controllata con cura, che poi venne sigillata. Per rimanere occupato portai con me libri, riviste, materiale per scrivere, disegnare e colorare. Inoltre avevo ottenuto circa 125 litri di acqua di Birresborn, che però mi doveva anche servire come acqua per lavarmi. Oltre a questo nella serra c'era anche un buon letto, dato che il riposare e dormire bene sono più necessari del mangiare, cosa di cui parlerò in seguito. In più avevo ciò a mia disposizione : una bilancia automatica, un ventilatore elettrico portatile e uno scaldino per i piedi elettrico. Il mio abbigliamento consisteva in un abito cucito da me. La mia cella era alta tre metri e aveva un basamento di gesso alto 80 centimetri, in alto era fornita di un inserto alto 60 centimetri composto da un telo fine tipo zanzariera, che consentiva il passaggio dell'aria. In mezzo erano state fissate delle lastre di vetro alte 1 metro e 60. Per consentirmi di tenere una corrispondenza era stata creata una fessura in una cornice, formata solamente da un taglio di sega e quindi appena sufficiente a fare passare una cartolina. Una lettera si riusciva a fare passare solo aprendola e spingendo i singoli fogli ad uno ad uno attraverso la fessura.
Avevo intenzione di digiunare per 51 giorni, però ho dovuto smettere dopo 49, dato che soffrivo delle condizioni ambientali malsane. La scarsità di luce e di aria, ma specialmente la carenza di riposo e di sonno, avevano reso questo mio tentativo molto più difficile dei precedenti, che avevo intrapreso in totale libertà. L'aria fresca è il primo e più importante nutrimento; se ce n'è in abbondanza, la perdita delle forze durante il digiuno viene notevolmente ridotta. Ma nel museo avrei messo in gioco la mia vita, se avessi respirato l'aria generata dalle schiere di spettatori attesi negli ultimi due giorni. Perciò dopo quarantanove giorni chiesi che la cella venisse aperta..."