|
I due diari si completano vicendevolmente molto bene: mentre J.G. Bennett si concentra principalmente sui suoi sforzi interiori per mettere in pratica gli insegnamenti di Gurdjieff, Elizabeth Bennett ci fornisce un resoconto dettagliato dell’ambiente di cui facevano parte e della sua psicologia, descrivendo gli avvenimenti e le persone che la circondavano, oltre alle sue personali difficoltà e rivelazioni. Nella sua prefazione, Elizabeth Bennett spiega che il libro è «concepito per aiutare quei lettori che non hanno familiarità con l’attività e l’ambiente di Gurdjieff e dei suoi seguaci». Due volte al giorno il gruppo si dedicava a una serie di riti. Di questi, forse il più significativo era quello noto come “il brindisi degli idioti”. La “scienza dell’idiozia”, che Gurdjieff insegnava, ritrae per intero la condizione umana e i rischi che si affrontano nel conseguire la liberazione. Elizabeth Bennett scrive: «L’esatta ripetizione della struttura esterna lasciava liberi di occuparsi delle mutevoli possibilità del mondo interiore. Ogni momento in presenza di Gurdjieff era un’occasione per imparare, se si era sufficientemente svegli da cogliere l’occasione».
|