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Esiste una cosa chiamata attitudine. Essa definisce lo stato con il quale ci si dispone alle cose e agli accadimenti.
Per mezzo di questa disposizione gli uomini proteggono o protendono se stessi nella vita e trovano in essa la propria condizione. Grazie al risultato di questo ritirarsi e protendersi essi conseguono la propria condizione naturale; grazie all’equilibrio della loro attitudine essi la mantengono, in mancanza di equilibrio essi la perdono.
Il guerriero ha la sua condizione: essa consiste nel realizzare i princìpi per il mantenimento della pace e dell’ordine, nel praticare e perfezionare i fondamenti dell’arte della guerra e nel promuovere e conservare l’integrità e l’onore del paese.
Il religioso ha la sua condizione. Essa consiste nel comprendere il volere del cielo e promuovere uno stato di cose ad esso conforme, nel definire e praticare riti consoni alla regola e nel promuovere e conservare la dirittura e l’integrità spirituale degli individui.
Il mercante ha la sua condizione. Essa consiste nel promuovere e realizzare il contatto fra i paesi e le genti, nel definire e praticare le regole del commercio per il bene del paese e nel promuovere la prosperità per il bene comune.
Così pure l’uomo e la donna hanno la loro propria condizione. Essa consiste nel promuovere e conservare il bene della casa per mezzo dell’armonia e della corrispondenza, nell’istituire in essa il rispetto della regola del cielo e delle leggi del paese, nell’adoperarsi per il bene dei propri figli.
Ma quale condizione dovrà possedere colui il quale si pone sulla Via?
In realtà la condizione di chi si dispone alla Via è unica: essa consiste nell’adattamento costante e disinteressato alle cause naturali. Per questo è detto che la verità dei princìpi della Via illumina le attitudini, e pur se queste talvolta appaiono contrarie alle condizioni naturali, pure non se ne discostano.
Così il praticante della Via potrebbe essere un guerriero e scoprire che l’essenziale non è riposto nella tecnica ma nella regola; potrebbe essere un religioso e comprendere che l’essenziale non è nel rito ma nell’arte; potrebbe essere un mercante e trovare che l’essenziale non è nella capacità ma nella disponibilità al sacrificio.
Perciò è detto della Via: il guerriero non trova armi per vincerla, il religioso non ha riti per uniformarsi ad essa, il commerciante non ha vantaggio con il quale possederla.
Allo stesso modo non è rilevante che chi pratica sia uomo o donna, giovane o vecchio. In realtà infatti ogni divisione decade sulla Via e così si rendono inutili le condizioni proprie ad ogni casta e ad ogni specie.
Per questo diciamo che ogni condizione è d’intralcio alla pratica della Via, poiché la condizione è fatta per proteggere o protendere e, così facendo, non si pratica la Via, la cui regola consiste principalmente nell’adattamento disinteressato alle cause naturali.
Eppure non è senza attitudine che si percorre la Via.
Ciò è detto perché essa richiede umiltà e costanza, dedizione ed attenzione, perspicacia e intelligenza, volontà e abbandono. La Via infatti, pur essendo ovunque, non può essere avvicinata senza queste virtù, poiché in loro assenza essa dimora invisibile.
Umiltà e costanza sono richieste a chi voglia avvicinarsi, poiché senza umiltà non sarà possibile comprendere ove la Via si celi e senza costanza non sarà possibile rintracciare il sentiero che conduce alla sua porta.
Perspicacia e intelligenza sono richieste a chi voglia muovere i suoi passi sulla Via, poiché senza di esse è facile perdersi nelle parole dei Maestri ed è impossibile penetrare il velo dietro il quale la Via è celata agli ignoranti.
Volontà e abbandono sono necessari a chiunque voglia seguire la Via sino alla propria fine; senza volontà infatti nessuno supererebbe le prove che la Via richiede, senza abbandono nessuno può giungere alla comprensione del mistero.
Così la Via potrà apparire all’illetterato, ma non allo stolto; al cieco e al sordo, ma non all’insensibile; al principe, ma non al padrone arrogante; al servo, ma non al succube; al giovane, ma non all’avventato; al guerriero, ma non al sanguinario; al religioso, ma non al mortificatore; al mercante, ma non al furbo bottegaio; all’uomo che muore, ma non a chi teme la morte.
E non si può suscitare desiderio della Via se non in coloro i quali su di essa si trovano già, pur senza saperlo. La Via infatti, pur non essendo segreta, è tuttavia celata agli occhi del mondo a causa della cecità dei più, i quali scartano quella e scelgono questo a causa del vantaggio apparente.
Ecco dunque che l’attitudine di chi percorre la Via è dominata dall’idea del non vantaggio. Non vantaggio significa capacità di accettare, vantaggio significa ricerca dell’utilità. Poiché la Via non serve ad alcuna cosa in particolare, essa è praticabile soltanto per coloro i quali non si fanno obiettivo di alcun vantaggio.
Quando poi il cammino della Via sia collegato a qualche pratica, si dovrà porre attenzione affinché non accada che colui che conduce i praticanti sia tentato dal praticare la Via come vantaggio.
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