Questo testo offre al lettore la copia di un raro trattato del Settecento, scritto da un ignoto alchimista nascosto dietro lo pseudonimo di Ali Puli, «un Moro asiatico che fu convertito dal credo maomettano alla fede cristiana».
Queste «epistole», indirizzate agli «altamente onorati e dotti amici e colleghi dell’Accademia Reale delle Ricerche nel Mondo della Natura», si basano sull’idea della trasmutazione interna, del corpo, parallela a quella esterna, e della ricerca del Farmaco nel contesto di una medicina ambiguamente occulta che ripropone la nobiltà della materia.
Tra le righe questo «centone» rappresenta la migliore propedeutica all’omeopatia: il corpo è ricordato, infatti, per le sue qualità sottili, per le sue imponderabilità, «giocando», come avviene in ogni descrizione alchemica, con la miniera dell’umano.
Il testo, tradotto dall’inglese, è corredato da numerose note, da una lunga introduzione sulla storia dell’alchimia inglese, e, in appendice, dal commento di Ireneo Filalete alla Visione di Ripley.