I libri di Satprem appartengono a quel genere di opere che spronano il lettore a buttarsi per le via del mondo e al tempo stesso a intraprendere il proprio tragitto interiore. Opere del genere sono rare, e il più delle volte tenute a distanza prima che s’impongano con la loro evidenza, con la loro folgorante e spietata lucidità.
Queste lettere che si succedono nell’arco di mezzo secolo (1943-1992) non costituiscono delle “memorie”: rivelano un percorso che cerca via via il proprio tracciato, lo perde, lo conquista. Ognuno viene invitato senza mezzi termini a seguire l’intimo tragitto di una delle avventure più radicali, e più sconvolgenti, del nostro tempo.
Le lettere di Satprem, buttando a mare tante sedimentazioni di tombe e di paure, hanno fortificato potere di rompere gli ormeggi da ogni norma stabilita, anzi di chiedere l’impossibile. Una caparbia vocazione, quella di Satprem. Che dice infatti: “Non saranno mai troppi gli insubordinati, mai troppi i provocatori. In un certo senso, ho fatto di tutto per portare scandalo e scompiglio dovunque passassi”.