Nicola, confinato da 35 anni in un manicomio, libero solo di rinchiudersi in un supermercato a comprare cose, ha abbandonato alla sua tragica normalità una società che non si chiede più niente, e forse per questo pensa di potersi salvare.
"Nel momento in cui ci si domanda il significato e il valore della vita, si è malati" diceva Sigmund Freud.
Nel cinema di Ascanio Celestini ritroviamo il magico filo rosso di una narrazione che, dal teatro alla letteratura, recupera lucidamente i problemi di tutti noi e li illumina di una luce diversa, inchiodati alla semplicità di una parola. La pecora nera diventa la storia di un'Italia rimasta immobile nel tempo, rinchiusa nel mito intoccabile dei "favolosi anni sessanta".
Un paese che si smarrisce per mancanza di coraggio, che chiude i manicomi ma continua ad avere paura del buio. Perché per la paura del buio si può ancora morire.