Le parole di Giovanni della Croce hanno senza dubbio molto da dire al sentimento religioso dell’uomo contemporaneo, e in effetti la loro riproposizione non è mai davvero caduta nel vuoto. Per andare del tutto al tutto, devi abbandonarti del tutto in tutto. E quando giungi a tenerlo del tutto, lo devi tenere senza volerlo per niente.
Giovanni della Croce (in spagnolo Juan de la Cruz, 1542-1591), proclamato santo nel 1726 e dottore della Chiesa nel 1926, gigante della mistica e della poesia cristiana moderna, fu protagonista assieme a Teresa d’Avila – sua compagna di spirito e “collega” nella fondazione del Carmelo degli scalzi – di uno dei momenti più importanti della Controriforma e del generale rinnovamento della vita religiosa che prese corpo nella Spagna del siglo de oro. Sono qui presentati tutti i suoi scritti, ordinati secondo un criterio propedeutico a una progressiva ricezione del suo messaggio.
In primo luogo le Lettere e gli Scritti minori, che nella loro stringata forma di promemoria spirituale, costituiscono la strada migliore per introdurre il lettore alle altezze speculative che Giovanni elaborerà nelle opere successive. In secondo luogo, le Poesie, che rappresentano per certi aspetti il vertice della spiritualità del carmelitano, la sua lingua prima, quella che egli stesso ritiene più vera, poichè accompagna l’esperienza mistica fin dal suo costituirsi.
Alcune di queste liriche, come il Cantico spirituale o la Notte oscura dell’anima, nella loro ricchezza simbolica e perfezione formale, sono considerate capolavori della poesia di tutti i tempi. Seguono infine i Commentari, con i quali Giovanni si sottopose allo sforzo immane di passare l’esperienza primigenia dell’ineffabile, fatta appunto di simboli e visioni, attraverso una globale reinterpretazione in termini teologici e razionali, nella ferma convinzione che, quella mistica, non sia un’esperienza rinchiusa in una torre inaccessibile dall’esterno, ma al contrario sia un evento che accetta di essere posto sull’agorà della fede e della Chiesa, si lascia da queste interpellare e sa rispondere al linguaggio del credente.
Scalzo al piede e più nudo nell’animo, quest’uomo celestiale e divino – come lo chiamava Teresa d’Avila – ha sempre spianato piste ignote ai moderni deserti della fede, ed è pronto ancora a condurvi chiunque lo chieda.