Partendo dalle testimonianze antiche, l’autrice ci restituisce la vera e sfolgorante immagine di una donna che mai dall’antichità ha smesso di far parlare di se e di proiettare la luce del suo martirio sulle battaglie ideologiche, religiose e letterarie di ogni tempo e orientamento. “C’era una donna quindici secoli fa ad Alessandria d’Egitto, il cui nome era Ipazia.”
Fu matematica e astronoma, sapiente filosofa, influente politica, sfrontata e carismatica maestra di pensiero e di comportamento. Fu bellissima e amata dai suoi discepoli, pur respingendoli sempre. Fu fonte di scandalo e oracolo di moderazione. La sua femminile eminenza accese l’invidia del vescovo Cirillo, che ne provoco la morte, e la fantasia di poeti e scrittori di tutti i tempi, che la fecero rivivere. Fu celebrata e idealizzata, ma anche mistificata e fraintesa.
Della sua vita si è detto di tutto, ma ancora di più della sua morte. Fu aggredita, denudata, dilaniata. Il suo corpo fu smembrato e bruciato sul rogo. A farlo furono fanatici esponenti di quella che da poco era diventata la religione di stato nell’impero romano-bizantino: il cristianesimo. Da sempre e ancora oggi Ipazia affascina chi, come lei, e alla ricerca della verità e vive nella liberta.