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Molto più di una biografia di un grande saggio: una storia straordinaria che descrive i poteri misteriosi e imperscrutabili degli iniziati e dei Maestri illuminati da cui Swami Rama è stato allevato e cresciuto negli eremitaggi himalayani. Come la vita stessa di Swami Rama, queste pagine penetrano in profondità e ci aprono le porte di un mondo che pochi conoscono introducendoci alle pratiche yogiche e tantriche più avanzate: il succo dell’antica e avvincente tradizione himalayana.
"Ho ascoltato storie su Swami Rama fin da bambino. Di solito erano incentrate sulle sue intense pratiche ascetiche, sul suo legame con il principe del Bhawal (che era tornato in vita dopo la morte) e sui suoi poteri yogici. In ognuna di queste storie, appariva più come un eroe delle favole che come un personaggio reale. Per esempio, Agamachari, un grande studioso di sanscrito di Benares, una volta mi raccontò che Swami Rama in gioventù si era dedicato ad una intensa pratica di meditazione sulla riva del Gange, proprio sull'altro lato del fiume rispetto a Benares e che un nano erudito, morto novanta anni prima, gli portava latte e dolci ogni notte. Trovai la storia appassionante, ma sembrava un racconto di fantasia.
Agamachari mi disse anche che a quel tempo Swami Rama era conosciuto con il nome di Bhole o Bhole Baba. Quando ripetei questa storia a mio padre, lui la liquidò in blocco. Mi raccontò che, proprio come il suo maestro Baba Dharam Das, Bhole Baba era stato un grande yogi che aveva lasciato volontariamente il corpo. Lo fece negli anni Cin¬quanta, vicino ad un santuario sui monti Vindhya. Una volta deciso che era arrivato il momento, scavò una fossa di fronte al cottage del suo guru, vi si sedette dentro e chiese ai suoi compagni di ricoprirlo di terra fino alla gola. Quando lo fecero, lui fece salire la sua coscienza fin nella testa e, usando il suo potere yogico, spaccò in due metà il proprio cranio. Allora, com'è usanza, gli yogi suoi compagni riempirono la fossa completamente e vi eressero sopra un monumento funebre in sua memoria. "Quel monumento funebre è ancora lì", aggiunse mio padre. lo all'epoca ero un adolescente e rimasi più colpito dalla conoscenza di mio padre su simili argomenti che dalla storia in sé, che mi sembrò nulla più di un altro racconto fiabesco. Poi nel 1972, quando mi iscrissi all'Università di Allahabad, incontrai un grande santo, Swami Sadananda, che mi insegnò alcuni aspetti esoterici dello yoga. Ma ogni volta che gli chiedevo di insegnarmi la scienza della Sri Vidya o mi ignorava oppure mi diceva che avrei dovuto cercare la guida di Bhole Baba. Lo chiamava "Yogeshvara", il signore degli yogi, e lo descriveva come un saggio amante della solitudine. È difficile da trovare, mi disse Swami Sadananda, perché non si ferma mai a lungo nello stesso" posto. Desiderai di poterlo incontrare, ma benché Swami Sadananda parlasse di Bhole Baba come di una persona viva e vegeta, secondo mio padre era morto. Poi, in seguito, il dottor Lakhera, mio relatore all'università, mi raccontò che Swami Rama viveva in quel periodo negli Stati Uniti ed aveva dato vita ad una organizzazione denominata Himalayan Institute. La mia prima reazione fu di ritenere che questo Swami Rama non fosse lo stesso Swami Rama di cui sentivo parlare da sempre. Perché mai un vero saggio dovrebbe recarsi in Occidente? In effetti, prese nell'insieme, tutte le storie che avevo sentito su Swami Rama erano così confuse e paradossali da non sapere se fosse conveniente per me mettermi a cercarlo o meno. Ma alla fine risultò che il destino avesse i propri piani.
Canno era il 1976 e il luogo l'Akbar Hotel, un albergo a cinque stelle di Nuova Delhi, un posto insolito dove incontrare un saggio. E alla fine la cosa risultò essere non un semplice incontro ma l'inizio di un viaggio misterioso in un territorio inesplorato. Mi ci vollero due ore prima -di risalire a chi fosse, e quando mi resi conto che la persona con cui stavo dialogando era in realtà il saggio di cui sentivo parlare da sempre, mi sentii invadere da un misto di euforia e di imbarazzo. Un attimo prima chiacchieravo con lui senza problemi e adesso ero senza parole. Non sapevo come comportarmi. Poi tutto il mio essere sembrò diventare un occhio e in una frazione di secondo lo squadrai dalla testa ai piedi, da dentro a fuori e da fuori a dentro. Gli ero seduto vicino e gli scivolai in grembo con la testa. I suoi grandi occhi penetranti erano un oceano di compassione e l'amore che ricevetti in quel~ l'istante andava al di là di qualunque cosa avessi mai sperimentato. Ero sopraffatto e lui lo sapeva. Pensieri, parole e azioni erano come sospese.
Swamiji mi disse: "Ti stavo aspettando. Quando verrai negli Stati Uniti? Mi serve il tuo aiuto". Poi si mise a parlare di questioni di ordine materiale e dopo un po' mi disse di andarmene e di tornare il giorno dopo. Pensai a lui per il resto del pomeriggio e per tutta la notte, ricordando quello che altri santi e yogi, come il mio stesso padre, mi avevano raccontato di lui. Nelle venti ore successive, milioni di pensieri mi attraversarono la mente: d'ora in poi vivrò con questo saggio così amabile, gentile e colto ... Adesso che l'ho incontrato, tutti i miei problemi sono risolti... Mi porterà in America e non dovrò più avere davanti agli occhi la corruzione che sta soffocando a morte la società indiana. Ere invaso dalla gratitudine verso tutti quelli che mi avevano ispirato a cercare e trovare Swamiji. In particolare mi sentivo grato ad Anand Pratap Singh, che per vie strane e misteriose era stato strumentale nel condurmi da Swamiji.
Cansia e l'eccitazione mi rendevano impossibile dormire. La mattina seguente mi recai all'hotel. Swamiji mi fece attendere un'ore nell'atrio d'ingresso prima di farmi salire nella sua stanza. Quando arrivai, la port~ era aperta, entrai in silenzio e lo vidi con indosso un completo giacca e pantaloni ir tipico stile occidentale. Prima che potessi toccargli i piedi in segno di rispetto, m disse: "Vieni con me. Dobbiamo fare un po' di shopping". In contrasto col contegno pacato del giorno prima, adesso il suo tono era perentorio e decisamente impositivo Mi feci comunque coraggio e gli toccai i piedi per ricevere la sua benedizione. La sua reazione fu di ruggirmi contro. "Cos'è questa storia del toccare i piedi?", protestò "Ok, ora andiamo!". Mi affidò la sua borsa ed uscì a grandi passi dalla stanza.
Una volta alla macchina, si sedette sul sedile anteriore e mi fece accomodare di dietro, il che mi mise a disagio, in quanto in India è consuetudine che i subordinati siedano davanti, il sedile posteriore è riservato alle persone di un certo rango Guidammo fino a Connaught PIace, una delle maggiori aree commerciali di Delh e, appena fermi, Swamiji scese dalla macchina per dirigersi velocemente verso negozi. Con comodo aprii la portiera e scesi a mia volta, controllando di non ave dimenticato nulla. Quando feci per seguirlo, Swamiji era già una cinquantina cl metri avanti e si era fermato ad aspettarmi. Avvicinandomi, notai la sua faccia: era rossa e sembrava che delle fiamme fossero sul punto di sprizzargli dagli occhi pre incenerirmi. Quando fui a poca distanza da lui, esplose: "Una persona lenta arriva in ritardo e fa tardare anche gli altri! Non essere una lumaca, se vuoi stare con me'. Afferrai la lezione e allo stesso tempo vidi un aspetto di lui a cui non mi aveva preparato niente di quello che avevo sentito raccontare finora. "
(Tratto dall'Introduzione dell'autore)
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