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Di leggere i testi di John Martin Kuvarapu, così come di ascoltarlo, non ci si stancherebbe mai. Le sue intuizioni appaiono semplici, i suoi ragionamenti immediati, le immagini che usa facilmente visualizzabili. Eppure, dietro questa apparente facilità, si avverte l’incontro di due mondi, l’azzardo di una mirabile sintesi tra due tradizioni, quella indiana e quella biblico-cristiana, che hanno alle spalle secoli-millenni di elaborate riflessioni filosofico-teologico-spirituali. Kuvarapu è consapevole della diversità dei due contesti, eppure la sintesi sgorga da lui con grande naturalezza, come da chi ha praticato da sempre e parallelamente i due sentieri e non sa più scinderli.
Il modo in cui procede nell’elaborare le sue riflessioni è vicino a quello di colui che è stato il suo principale maestro, Bede Griffiths: ovvero, mettere in luce ciò che appartiene ad una tradizione e ciò che appartiene all’altra, e poi individuare possibili congiungimenti (“matrimoni”). Questo non per piegare l’una all’altra o per fare inutile e artificioso esercizio di improbabili sposalizi, bensì in base alla convinzione profonda che le due tradizioni, proprio perché apparentemente così irriducibili l’una all’altra e così opposte, sono i due profili di uno stesso volto, i due lati di una stessa medaglia. E dunque l’una non può sussistere senza l’altra.
La Parabola dei Quattro Traghettatori.
C'erano una volta quattro traghettatori che vivevano in un piccolo villaggio. Il loro lavoro consisteva nel trasportare le persone da una sponda all'altra del fiume. Ogni giorno portavano di solito, all'incirca 50 persone e facevano pagare 5 rupie ad ogni passeggero, quindi guadagnavano 250 rupie al giorno. Alla fine della giornata ognuno di loro si rivolgeva a Dio pregando. Il primo traghettatore pregava: "O Dio, ti sono davvero grato perché mi mandi 50 biglietti al giorno, così che io possa guadagnare 250 rupie. Per favore, domani mandami più biglietti, in modo che io possa guadagnare di più e diventare ricco. Grazie per le 250 rupie." Il secondo pregava: "O Dio, ti ringrazio moltissimo perché oggi ho potuto portare 50 persone del mio paese da questa sponda all'altra. Sono molto felice di essere al servizio della gente del mio Paese. Per favore, domani mandamene di più, così che io possa servirli. Grazie per avermi dato 250 rupie per mantenere la mia famiglia." Il terzo pregava. "O Dio, sono tanto felice oggi per aver portato te da questa sponda all'altra per 50 volte. Ti prego, vieni più volte domani, in modo che io possa servirti di più. Grazie per avermi dato 250 rupie per prendermi cura della mia famiglia". Il quarto pregava: "O Dio, ti prego, perdonami perché faccio questa preghiera. Io comprendo che esisti soltanto tu. Tu sei in me e negli altri. Sei tu che trasporti te stesso da una sponda all'altra. Il lavoro che faccio non mio, ma sei tu che vivi in me a compiere tutto il lavoro. Sono fortunato ad avere questa visione e ad essere un tuo strumento. Grazie per avermi dato 250 rupie per prendermi cura della mi famiglia."
Tutti i traghettatori fecero lo stesso lavoro e guadagnarono la stessa somma di denaro, ma le loro motivazioni erano differenti. Il primo viveva nell'amore individuale, il secondo nell'amore collettivo, il terzo nell'amore universale e il quarto nell'amore divino. Il nostro cammino spirituale consiste nel crescere e passare dall'amore individuale all'amore divino, cioè al regno di Dio.
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