In un dialogo immaginario con una giovane amica, Marina Valcarenghi analizza un comportamento ancora molto diffuso soprattutto nelle giovani generazioni, che riconsegna le donne al secolo scorso e le condanna alla particolare infelicità di chi non è capace di vivere nel proprio tempo.
Perché l’amore oggi, come scrive l’autrice in uno dei passaggi più toccanti di questa illuminante conversazione, non può che essere un privilegio delle persone libere. Sono tante le donne di ogni età a rivolgersi al loro uomo con parole come queste, le parole della dipendenza amorosa. “Perché non mi hai ancora chiamato?” “Mi ami?” “Ti manco?” “È tutto il giorno che ti cerco.” “Pensi ancora a lei?” “Non stai mai con me.” “Alla fine, lo sai, faccio tutto quello che vuoi tu.”
Perché? Perché questa martellante richiesta di conferme? Perché niente conta se lui non c’è? Perché confondere ancora la passione con l’appartenenza? Che senso ha questo attaccamento così rischioso e autodistruttivo che induce gli uomini alla fuga e impone inutili rinunce alla propria autonomia? Nel nostro tempo una donna può finalmente vivere in prima persona senza affidare la sua esistenza a qualcun altro e amare, semplicemente, rimanendo se stessa, senza ansia di controllo, né immotivate gelosie.