Ci sono molti modi per raccontare la vita di un uomo come Frank Lloyd Wright. E T.C. Boyle ne sceglie uno veramente particolare: le sue donne. Al diavolo il successo, l’intuizione che l’architettura deve creare un’armonia tra uomo e natura, o i progetti che hanno cambiato definitivamente il concetto di spazio vitale. Al diavolo tutto questo. Meglio parlare di sesso e di tradimenti, deviazioni dell’anima e contraddizioni, fallimenti e chiusure nel carattere del grande architetto. A innescare un percorso di memoria a ritroso è l’ironico e spesso sorprendente sguardo di un giovane studente di architettura giapponese – Sato Tadashi – che nel 1932 sbarca alla corte di Frank Lloyd Wright. Così, con passo di danza, fa entrare Olga, una ballerina serba che l’architetto incontra quando ha più di cinquant’anni (lei non arriva alla trentina). La porta con sé come donna delle pulizie a Taliesin, nel Wisconsin, il nido d’amore creato per un’altra amante, e presto diventa la terza moglie dopo Miriam.
Miriam è una morfinomane, in gioventù sensuale e passionale, che ha costretto Wright a divorziare, e che tenta, prima con la violenza e poi attraverso vie legali, di allontanarlo da Olga. Andando ancora indietro, emerge, vigoroso e straziante, il personaggio di Mamah, un’amante dell’architetto, femminista ante litteram che dà a Wright sei figli e viene uccisa in una notte di follia da un domestico infuriato per essere stato ingiustamente licenziato. Romanzo e biografia insieme, Le donne attinge a una vita oggettivamente ricca, ricchissima di vicende singolari – quasi da soap opera. T.C. Boyle ci si immerge con passione e rigore: scompagina le carte e fa di uno dei più grandi architetti contemporanei un personaggio tolstojano, complesso e abissale, egocentrico e crudele.