Leonard Susskind, pioniere della teoria delle stringhe, è esponente di spicco di quella controversa fisica di frontiera che nasce all’insegna della fusione tra la teoria delle particelle elementari consacrata nel Modello Standard e lo studio delle proprietà su grande scala dell’universo. È un mondo nuovo e insolito – con dimensioni spaziali nascoste, inaccessibili all’osservazione –, dove l’invariabilità delle leggi, la costanza delle costanti fondamentali, l’unicità dell’universo vengono messe in gioco in un precario equilibrio sul filo dell’incoerenza; e dove però la matematica, a prezzo di uno sforzo intellettuale prodigioso, miracolosamente «torna».
Paradossalmente, a decretare l’impossibilità di giungere a una spiegazione unitaria della natura fondata su poche e semplici equazioni è la teoria che più di ogni altra aveva incoraggiato le speranze dei fisici in tal senso: la teoria delle stringhe, rivelatasi addirittura in grado di trovare un denominatore comune tra due visioni del mondo all’apparenza inconciliabili, la relatività generale di Einstein e la meccanica quantistica. Chiave di volta di questa costruzione una minuscola corda vibrante annidata nei recessi della materia, la stringa, i cui differenti modi di vibrazione determinerebbero tutta la varietà esistente in natura – una sorta di moderna versione della «musica delle sfere», abbagliante per bellezza matematica.
Nonostante le possibilità di verifica sperimentale apparissero fin dall’inizio molto remote, un’intera generazione di fisici rimase soggiogata dal nuovo modello, immaginando che la spiegazione ultima fosse a portata di mano. I recenti sviluppi hanno delineato in realtà uno scenario assai più complesso: lungi dal fornire la desiderata unità, la teoria è risultata insensibile alla possibile esistenza di un numero esorbitante di universi (10500), ciascuno con proprietà fisiche differenti e differenti valori delle costanti. Secondo alcuni teorici delle stringhe, tra i quali Susskind, quel che non accade nel nostro universo potrebbe realmente accadere in infiniti universi paralleli. Riemerge in maniera ben più problematica – e fondamentale – un ragionamento antropico: ci capita di vivere in uno dei pochi universi compatibili con lo sviluppo di esseri viventi e senzienti.
Con grande verve narrativa Susskind ci invita alla scoperta del Landscape, il «Paesaggio cosmico» delle possibilità finora inesplorate dell’universo o di altri universi, parti di un inimmaginabile megaverso.