Nicola è un giovane studioso. Un bravo studioso. Per la sua materia ha una passione autentica. Ha una laurea italiana e un dottorato americano. Parla le lingue. Scrive, pubblica e traduce. Tutto quello che desidera è concentrarsi sulle sue ricerche, condividerle con altri studiosi, trasmettere ai più giovani ciò che ha imparato dai suoi maestri. Ma in Italia non è possibile, o almeno non è così ovvio. Perché l’Università italiana è sempre meno il luogo della ricerca, dell’insegnamento, della trasmissione del sapere. Nell’Università italiana non governano il merito e la competenza.
Nell’Università italiana governano i “Baroni”: uomini di potere abituati a gestire l’Accademia come un giocattolo personale, a premiare la fedeltà anziché la libertà, a preferire un mediocre candidato “locale” a un ottimo candidato “esterno”. In barba all’interesse degli studenti e anche all’interesse generale. Questo libro è un documento eccezionale. È una denuncia e una confessione. Ma soprattutto è una storia vera: il racconto paradossale e a tratti kafkiano di dieci anni passati a barcamenarsi tra concorsi veri o fasulli, professori che tramano, promesse fatte e non mantenute, colleghi impauriti, vessazioni inutili, cose non dette o cose mandate a dire. Dove tutto conta tranne ciò che dovrebbe contare: l’originalità della ricerca, la dedizione all’insegnamento.
Il lieto fine è purtroppo amaro. Perché Nicola diventa professore a Oxford, dove vince un concorso pur senza conoscere nessuno. Ma l’Italia perde l’ennesimo “cervello”, l’ennesimo giovane studioso regalato a un paese che non ha speso nulla per formarlo ma che ne sa mettere a frutto doti e lavoro come la nostra Università non sa più fare.