Il primo grande classico indiano a penetrare nella cultura occidentale, già alla fine del Settecento, fu "Il riconoscimento di Sakuntala" di Kalidasa e a confermarsi poi, come scrisse il grande indologo Abel Bergaigne, «quello il cui gusto è meno lontano dal nostro». Di fatto, la storia di Sakuntala è una grande storia d’amore, una vicenda archetipica, che può essere messa accanto a quelle di Tristano e Isotta o di Morgana e Artù. La bellissima Sakuntala è figlia di un asceta e di una Ninfa celeste: di lei si innamora perdutamente il re Dusyanta, che la incontra nella foresta durante una battuta di caccia.
Ma alla magia amorosa se ne oppone un’altra, nefasta, legata alla potente maledizione di un asceta: essa provocherà l’oblio dell’amore in Dusyanta e una separazione dolorosa e insanabile. Eppure alla fine si giungerà al «riconoscimento di Sakuntala» e la forza del grande amore tornerà ad agire. Kalidasa, che visse intorno al V secolo d.C., è l’espressione suprema dell’arte letteraria indiana, arte squisita, altamente formale, che richiede una conoscenza approfondita delle sue regole e dei suoi fondamenti teorici per essere apprezzata nei suoi molteplici sapori. Di quest’arte Il riconoscimento di Sakuntala, dramma in prosa e versi, ricchissimo di registri, è in certo modo l’essenza.
Vincenzina Mazzarino, la maggiore esperta italiana di poetica indiana, non solo ci offre qui una felice traduzione del testo, ma con il suo commento ci permette di cogliere le articolazioni nascoste di un intero universo poetico, per noi sconcertante e affascinante. La prima edizione a stampa dell’Abhijnanasakuntala di cui si ha notizia apparve a Calcutta nel 1761.
In Europa, la recensione bengalese fu pubblicata per la prima volta a Parigi nel 1830.