Spesso le coppie che si dividono sottolineano l’altruismo (“l’abbiamo fatto per il bene dei figli”), proclamano l’opportunità (“inutile procrastinare”), enfatizzano la necessità (“meglio separarsi che litigare”), della scelta. Dimenticano che spezzare il patto coniugale rappresenta pur sempre una scelta esistenziale importante e gravida di conseguenze. Prima di tutto per i figli che subiscono decisioni prese dai genitori di cui non conoscono o non riescono a capire sino in fondo i motivi. Ma, come un sasso gettato nell’acqua, il disgregarsi della famiglia investe, a cerchi concentrici, i parenti, gli educatori, gli operatori sociali, la comunità nel suo insieme. In fondo, la decisione si ripercuote sul futuro sino a raggiungere, in certi casi, le generazioni successive. I figli, rimasti senza il guscio protettivo della famiglia, rischiano di subire un trauma che, anche quando celato dallo straordinario senso d’adattamento, non va sottovalutato. Il trauma non deriva tanto dalla separazione quanto dal modo inadeguato in cui molti adulti l’affrontano. I bambini, circondati da familiari insensibili e indifferenti, crescono con una ferita nel cuore difficile da rimarginare. “Dalla constatazione di come sia al tempo stesso indispensabile e difficile vivere insieme nasce l’esortazione ‘che nessuno resti solo!’, che pervade in lungo e in largo queste pagine appassionate. […] Eppure, la rottura di una famiglia non genera necessariamente una cascata di disgrazie.
L’esperienza degli Autori ci mostra, in vari contesti, che alla rottura del contenitore familiare si può sopravvivere e che una crisi esistenziale ben superata può aiutarci a crescere e a diventare migliori.”
(dalla prefazione di Silvia Vegetti Finzi)