La cronaca degli ultimi anni dimostra abbondantemente quanto la gestione dei rifiuti sia importante per qualificare gli aspetti fondamentali di tutta l’esistenza di una comunità: le forme della convivenza, la «vivibilità urbana», il rispetto che una popolazione ha di se stessa e che può aspettarsi dagli altri, l’immagine di un territorio, il rapporto tra governanti e governati, la difesa della legalità, la sopravvivenza o lo sviluppo di interi settori economici.
Finalmente, e purtroppo a costo di vicende drammatiche e di vere e proprie catastrofi, tutti hanno avuto la possibilità di capire che la gestione dei rifiuti non è un’attività settoriale da delegare agli addetti ai lavori, ma una questione centrale per il governo di un territorio.
Tutti hanno oggi il dovere di chiedersi e la possibilità rispondere a un quesito di fondo: se la produzione di rifiuti, nella quantità in cui oggi li generiamo, sia un portato inevitabile della produzione industriale e del consumo di massa, o non sia piuttosto il frutto di scelte strategiche di forze e organizzazioni impegnate in una corsa verso la crescita illimitata, senza preoccuparsi dei danni che questo modo di produrre e consumare infligge all’ambiente; danni che in larghissima parte si può e si deve prevenire. Azzerare i rifiuti non rende meno urgente il compito di governarli.
L’obiettivo primario è la riduzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti prodotti, eliminando alla fonte il commercio e poi la produzione di tutti quei «beni» concepiti per trasformarsi nel più breve tempo possibile in rifiuti, cioè i cosiddetti articoli «usa-e-getta». Ma in secondo luogo occorre passare al recupero di materia – cioè al riciclo – che può essere fatto solo spingendo al massimo la raccolta differenziata, sia quella dei rifiuti urbani che quella dei rifiuti delle imprese.