“Come erano belli, questi antichi alberi. Visti da vicino, non erano poi così monolitici, ma anzi ramificati come i palchi delle corna di un cervo e assolutamente vivi. I loro tronchi assomigliavano a lingue di fuoco immobilizzate per l’eternità. Ampie sezioni chiare e nodose di legno morto fuoriuscivano dalla corteccia scura e corrugata e si spingevano verso l’alto, avvolgendo spaccature e cavità. Verificai con il palmo della mano quanto fosse liscio il nudo legno e quanto corrugata, invece, risultasse la restante corteccia. Staccai enormi liste di legno scheggiato, originando un suono cupo, quasi metallico – thong, thong, thong – che rimbombava all’interno dei tronchi cavi”.
Gli alberi sono gli esseri viventi più alti, più imponenti e più antichi al mondo. Ma la quercia non detiene nessuno di questi record. Quindi, che cosa hanno di così speciale le querce? A quanto pare niente, ma ciò che colpisce è che puoi andare dal Massachusetts a Città del Messico e trovare ovunque lo stesso genere, la quercia, che fa quindi della non-specializzazione la sua specialità. Ecco una prospettiva affascinante e inattesa che William Bryant Logan coglie per raccontare che il tratto caratterizzante della quercia è proprio la sua pertinacia, la sua flessibilità.
Possente, maestosa e necessaria, la quercia ha favorito in modo vitale l’evoluzione economica, geografica e culturale dell’umanità; a partire dalle ghiande, alimento base dell’Homo sapiens, passando per le resistenti imbarcazioni delle prime armate che circumnavigarono il globo, fino agli attuali articoli d’arredamento, la quercia ha rappresentato, nel corso dei secoli, un’onnipresente ricchezza.
Ed è con imperturbato entusiasmo che Logan descrive, in tono informale, le caratteristiche di questa risorsa naturale versatile e preziosa, offrendo al lettore un’esplorazione completa della sua storia.