Dato che il Corano elogia coloro che raccomandano il bene e contrastano ciò che è proibito, nella cultura islamica sono diffuse le parole di insegnamento e di saggezza che lodano il comportamento onesto e moderato e biasimano l’irriconoscenza e l’impazienza di chi dimentica la sottomissione a Dio.
Annemarie Schimmel ha raccolto, scelto e tradotto alcune di queste massime di saggezza. Tra le altre sono riportate le parole di Ali ibn Abi Talib, cugino e genero del profeta Maometto; degli hadīth riferiscono le parole del Profeta e i racconti delle sue azioni; dei Sufi, i mistici dell’islam che si preoccupano soprattutto del comportamento etico e dello sviluppo interiore dell’uomo; del persiano Ibn al-Muqaffa’, che introdusse il genere letterario degli adab (ossia “buona educazione”, “buone maniere”: raccolte di massime morali esposte in uno stile garbato e leggero); delle sentenze gnomiche di epoca ellenistica; dei consigli per i membri di singole professioni (ad esempio, “l’etichetta del segretario”) o dei consigli per i sovrani; del Gulistān (“il giardino delle rose”) di Saadi, opera che ha entusiasmato lettori come Herder e Goethe, e lettura obbligata per ogni bambino musulmano che dovesse imparare il persiano; di grandi poeti mistici come Faridaddin ‘Attar e Ğalaladdin Rumi.
Queste massime riguardano l’inconoscibile unità del Dio rivelato nel Corano, che non può essere descritto con parole né compreso con l’intelletto. Un Dio che si manifesta all’uomo e nel mondo nella dualità: sotto forma di bellezza e grazia assoluta o sotto forma di assoluta violenza e severità. L’uomo deve perciò muoversi nello spazio angusto tra bene e male, tra indulgenza e severità, cercando di stare nel mezzo. E l’ambivalenza riguarda tanto la terra – per alcuni pericolosa e malvagia eppure luogo dove si deve agire e prepararsi per l’aldilà, per i mistici invece specchio dei nomi e delle opere di Dio – quanto l’uomo – che può decidere di essere superiore agli angeli o inferiore agli animali sulla strada che porta a Dio.