“Il fascismo ci aveva portato via la lingua, le scuole, persino i nomi. Tutto ciò che poteva esprimere, anche vagamente, la nostra identità nazionale fu cancellato.” Boris Pahor era soltanto un bambino quando a Trieste fu proibito parlare sloveno. L’italianizzazione forzata, imposta dal fascismo alla città multiculturale in cui era nato e cresciuto, lo segnò per sempre. Bocciato più volte da studente, seminarista per ripiego, soldato dell’esercito italiano, antifascista militante, deportato politico, insegnante e infine scrittore acclamato, Pahor ripercorre qui gli snodi della sua esperienza scandita dai tre no che oppose con uguale fermezza al fascismo, al nazismo e al comunismo...