Signori miei cari, Un Eroe dei Nostri Tempi, è proprio un ritratto, ma non di una persona: è il ritratto che ha origine dai vizi di tutta la nostra generazione, nel pieno del loro sviluppo. Mi direte ancora che non è possibile che un uomo sia così malvagio, e io vi dirò che se avete creduto alla possibile esistenza di tutti gli scellerati tragici e romantici, perché non credete alla realtà di Pečorin? Se avete ammirato invenzioni molto più orribili e mostruose, perché questo carattere, nemmeno come invenzione, incontra la vostra misericordia? Non sarà forse perché c’è in lui più verità di quanto vi sareste augurati? Dite che la morale da tutto ciò non ne guadagna? Scusate. Agli uomini han dato fin troppi dolciumi; perciò il loro stomaco si è guastato: servono medicine amare, verità irritanti. Non pensiate, tuttavia, dopo quel che precede, che l’autore di questo libro abbia mai cullato il fiero sogno di farsi correttore dei vizi dell’umanità. Dio lo salvi da questa scortesia! Si è solo divertito a dipingere l’uomo contemporaneo così come lo comprende, e, per sua e per vostra sfortuna, troppo spesso l’ha incontrato. Sia allora così, che il male è segnalato, ma come curarlo, lo sa soltanto dio.”