Subire un'ingiustizia provoca rabbia, dolore, desiderio di rivincita. Chi è vittima di un disastro naturale, dell'imperizia altrui, di un incidente sul lavoro difficilmente accetterà che ci sia etichettato come un evento sfortunato o casuale. Vorrà sapere invece chi, o che cosa ha creato le condizioni del danno e chiederà a gran voce di essere risarcito in qualche modo. Filosofi e giuristi da sempre si sono sforzati di definire il giusto, mentre hanno lasciato ai margini della loro riflessione la negazione di questo stesso concetto, astraendo dai vissuti soggettivi delle vittime, dalle conseguenze sociali in cui trova espressione il loro risentimento personale e anche il rifiuto di prevenire e poi mitigare gli effetti delle calamità. Nel suo libro Judith Shklar si propone di colmare questa lacuna e traccia i confini entro cui è possibile costruire una "teoria dell'ingiustizia".