Nei primi secoli dopo Cristo, in tutto il Mediterraneo romano si diffuse a macchia d’olio il culto di una misteriosa divinità che troviamo raffigurata su numerose gemme e amuleti, ma anche invocata in molte preghiere e papiri magici.
Il suo nome era Abraxas, e le sue sembianze erano quelle di una creatura umanoide con i piedi serpentini pentini e la testa di gallo.
Lo ritroviamo nei vangeli gnostici, testimonianze di un vero e proprio cristianesimo alternativo che sosteneva di essere depositario degli insegnamenti segreti di Gesù.
Ma Abraxas è un dio benigno o un demone malvagio?
Cos’è l’oggetto rotondo che regge in una mano?
Cosa significa l’invocazione IAO riportata su di esso?
Esaminando rigorosamente le fonti e le testimonianze storiche in nostro possesso, il libro di Riberi e Caputo ricostruisce un’affascinante rete di simboli che, attraverso il millenario tamburo magico, collega i rituali sciamanici dell’Asia centrale con i culti del Mediterraneo antico.
E non solo: nel corso dei secoli il mistero di Abraxas affascinò i cavalieri Templari, Erasmo, Tommaso Moro, Jung e Crowley, e continua a sopravvivere nella cultura pop contemporanea, tra romanzi, serie tv e fumetti.