«Guardo il mare e ascolto queste parole. Anche il vento sa di sale. M’impregna la pelle e i capelli, mentre provo a immaginare cosa accadeva quando, con il sale, si spargevano in città anche le fibre d’amianto. Un veleno tutto sommato democratico, che ha colpito allo stesso modo chi il golfo l’ha solcato, chi ha trascorso la vita al porto e chi intorno ai cantieri soltanto ci viveva». Una giovane giornalista decide di percorrere la via crucis dell’amianto. Nelle case di periferia, nelle scuole elementari, sulle navi che ancora oggi intossicano i porti, nelle fabbriche, racconta di chi deve combattere contro l’ottusità delle burocrazie (e l’indifferenza di un’intera classe politica) che trasforma in un calvario anche una semplice richiesta di pensione. S’invecchia così, dopo aver maneggiato l’amianto per una vita: con l’incubo di non poter sostenere la famiglia, e la certezza che prima o poi l’ossigeno verrà a mancare, perché la polvere d’amianto non fa distinzioni. Arriva, si deposita e uccide. Un libro inchiesta che dimostra come ammalarsi a causa dell’asbesto non sia una fatalità: i colpevoli ci sono, e vanno processati.