«Sono contento di narrare ai bambini perché quando uno di loro interrompe la narrazione e ti dice “non potrebbe essere…”, “e se lui invece…”, “facciamo che…”, tu capisci che il mondo continua, che niente è ancora deciso, che c’è speranza per tutti». «La narrazione sta diventando uno degli ultimi luoghi in cui si può ascoltare dell’amore, della morte, del dolore e del riso. Molta parte della nostra vita quotidiana evita questi argomenti perché sono troppo ingombranti e non rispondono al criterio della superficialità obbligatoria». «Sono contento di avere narrato Dio ai bambini, non fosse altro per imparare da uno di loro che “Jhvh e Allah sono soprattutto uguali». Ai bambini, infatti, non solo si insegna; da loro si può anche essere illuminati sulla fede, perché, come dicono le Scritture, essi vedono Dio.