Il lavoro non c'è, e quando c'è, è sottopagato, precario, privo di diritti e di garanzie. Il numero dei disoccupati è in continua crescita e, a invertire la tendenza, non bastano il moltiplicarsi di tipologie contrattuali sempre meno garantite e gli ottimistici annunci di ripresa. La situazione è determinata, certo, da ragioni economiche ma ad esse si accompagnano, nel definirla, ragioni culturali e politiche altrettanto profonde.Contrapporre il lavoro ai diritti non ha nulla a che fare con l'occupazione ma serve a ridefinire l'organizzazione della società e le sue gerarchie. Lo dice in modo evidente la parabola del diritto del lavoro, dallo Statuto del 1970 al jobs act. In poco più di qurant'anni è cambiato tutto e lo Statuto sembra, oggi, un guscio vuoto si è determinato un impoverimento e una crescente insicurezza. Indietro non si torna e si apre, dunque, il problema del che fare.