La prima cosa che appresi dal mio maestro -Iddio sia soddisfatto di lui - fu questa: mi caricò di due ceste colme di prugne. Io le presi in mano anziché pormele sulla nuca, come m'aveva indicato, ma nondimeno la cosa mi affliggeva grandemente e mi era così penosa che la mia anima si contrasse; essa s'agitava, si umiliava e si turbava oltre misura, a tal segno che quasi ne piangevo - e, nel nome di Dio, avrei davvero pianto per tutte le umiliazioni, il disprezzo e il dispetto che avrei dovuto subire in quella prova -, giacché la mia anima non aveva mai accettato una cosa simile né piegato la testa, e fino a quel momento ero stato inconsapevole del suo orgoglio, della sua rivolta e della sua corruzione; ignoravo se fosse orgogliosa o meno, e nessuno tra i teologi di cui avevo seguito le lezioni - ed erano numerosi - m'aveva ragguagliato al proposito. (...)