Si stima che in Italia siano circa due milioni le badanti (di cui nemmeno la metà regolari), in maggioranza donne provenienti da altri Paesi, in particolare dall’Est europeo.
Figure professionali senza voce, definite spregiativamente “badanti”, esposte e vulnerabili in un territorio in cui regnano sovrani lo sfruttamento e l’ipocrisia.
Questo libro apre una finestra sul loro mondo e restituisce loro la voce. Utilizzando gli strumenti della socioanalisi narrativa emergono i dispositivi propri del rapporto tra le famiglie datrici di lavoro e le donne che si prendono cura degli anziani.
Un rapporto asimmetrico, con orari di lavoro e una gestione del tempo e dei comportamenti a cui le lavoratrici sono sottoposte contrattualmente più simili a un’idea di schiavitù che non di uno scambio tra forza lavoro e denaro.
L’esplorazione socioanalitica svela le problematiche relative alla salute, fisica e psichica, di queste persone che hanno affrontato lunghi e costosi viaggi migratori e hanno dovuto separarsi dai loro affetti per giungere in un Paese che coltiva nei loro confronti pregiudizi di chiara matrice razzista.
Nelle ultime pagine è proposta l’istituzione dell’Associazione Donne Forti, nata dal bisogno di alcune badanti modenesi di riunirsi in modo solidale e acquisire maggiore forza sociale. Infine, un post scriptum aggiorna la situazione di queste lavoratrici ai tempi del Covid-19.