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Ormai è evidente il legame tra mezzi di comunicazione e sentimento d’impotenza. Ogni giorno c’è una notizia drammatica che si presenta davanti agli occhi dello spettatore globale. La logica dei media impone che, per fare audience, si propongano sempre le notizie più drammatiche. Eppure essere spettatori del dramma di altri uomini e non far nulla crea un senso di colpa. L’unico modo per non sentirsi in colpa è affermare la propria impotenza: se non posso fare nulla, non mi posso sentire responsabile di nulla. In tal modo l’ascolto del telegiornale ogni sera è diventato un quotidiano rito collettivo di impotenza. I laboratori qui descritti propongono una strada esattamente contraria: uscire da un atteggiamento passivo nei confronti dei media e imparare ad usarli, uscire dall’impotenza e ritrovare la creatività. E, siccome il sentimento d’impotenza si unisce quasi sempre al sentimento di paura dell’altro, così l’uso attivo dei mezzi di comunicazione è legato all’esperienza dell’ascolto dell’altro.
Questi laboratori aiutano a costruire uomini e donne che non sono prigionieri della paura e dell’impotenza, perché usano tutti i mezzi a loro disposizione per allargare i loro orizzonti e andare incontro, con fiducia, agli altri. Le pagine di questo libro somigliano a un cilindro magico da cui chi vuole può tirar fuori ogni sorta di meraviglie, utili nelle relazioni di aiuto e in quelle educative. È la magia dei media, che moltiplicano la fantasia all’infinito, e ancor di più è la magia di una disciplina, la media education, che da anni sviluppa una riflessione innovativa sul nesso tra pedagogia e scienze della comunicazione. Non è vero che siamo tutti impotenti. C’è un’umanità consapevole unita in una rete di solidarietà, che cresce ogni giorno nella sua consapevolezza globale. Non è questo il compito e la sfida che si è assunta la media education?
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