“Non è che in principio gli dèi abbiano rivelato tutte le cose ai mortali; ma col tempo, ricercando, essi trovano il meglio”.
Senofane giunge a una conclusione profonda e destinata a godere di grande fortuna: Dio è ciò che tutto muove senza essere mosso, ciò che tutto vede senza essere visto, ciò che tutto ode senza essere udito. Anticipatore, per molti versi, della cosiddetta “teologia negativa”, Senofane fornisce, inoltre, una prima formulazione della teoria del progresso della conoscenza. Infatti, gli uomini sono esseri imperfetti ma perfettibili, che non sanno ancora ma che, gradualmente, potranno giungere al sapere, abbandonando lo stato di ignoranza in cui ancora sono sospesi. In questo modo, Senofane poteva sostenere che il sapere posseduto dagli uomini presenta sempre un carattere congetturale e instabile, mai definitivo.
Questa edizione di tutti i frammenti e di tutte le testimonianze di Senofane di Colofone (565 a.C. circa-470 a.C. circa) riprende l’ormai classica raccolta di Mario Untersteiner (pubblicata originariamente nel 1956), che si era proposto di andare oltre i Presocratici di H. Diels e W. Kranz con edizioni singole dei vari filosofi. Senofane appare sia come filosofo sia come teologo che sottopone a dura critica i poeti e l’antropomorfismo omerico ed esiodeo, facendo valere l’esigenza di un’indagine sul divino su nuove basi. Rigettando l’opinione comune che vuole gli dèi del tutto simili agli uomini (“i mortali sono convinti che gli dèi siano nati e che abbiano abito e linguaggio e aspetto come loro”).
Nell’antichità si pensava che a Senofane potesse risalire la fondazione della Scuola di Elea, ma ormai è accertato che essa si deve a Parmenide, e che Senofane fu invece un pensatore errabondo e solitario, che pure approdò nelle sue peregrinazioni a varie colonie greche dell’Italia meridionale e della Sicilia.