Un grande capace di scrivere in un’altra lingua - la stessa che il fascismo aveva negato a suon di manganello, sputi e olio di ricino - e mettere con i suoi capolavori il dito nella piaga. Paolo Rumiz - la Repubblica
“Il fascismo ci aveva portato via la lingua, le scuole, persino i nomi. Tutto ciò che poteva esprimere, anche vagamente, la nostra identità nazionale fu cancellato.” Boris Pahor era soltanto un bambino quando a Trieste fu proibito parlare sloveno. L’italianizzazione forzata, imposta dal fascismo alla città multiculturale in cui era nato e cresciuto, lo segnò per sempre. Bocciato più volte da studente, seminarista per ripiego, soldato dell’esercito italiano, antifascista militante, deportato politico, insegnante e infine scrittore acclamato, Pahor ripercorre qui gli snodi della sua esperienza scandita dai tre no che oppose con uguale fermezza al fascismo, al nazismo e al comunismo.
Attraverso il racconto personale – dall’incendio della Casa di cultura slovena ai campi di concentramento, dalle memorie di infanzia al primo amore salvifico – l’autore di Necropoli ricorda ai troppi che vogliono dimenticare che il fascismo non fu un regime tollerante, ma incarnò un male violento e oppressivo. E ripete che è giusto commemorare le vittime della barbarie delle foibe, ma è altrettanto necessario ammettere prima i soprusi di una dittatura senza pietà nei confronti delle minoranze. Perché la tragedia delle terre di confine nasce proprio dai silenzi di una memoria troppo indulgente con se stessa.
Tre volte no testimonia la tenacia di un uomo che ha imparato a proprie spese l’importanza di ancorarsi alle radici, linguistiche e culturali; la difficoltà di mantenere viva un’identità negata dalla storia; il bisogno di asserire il proprio diritto alla libertà. E ha saputo trovare la forza di reagire e mettere la parola letteraria al servizio della memoria, per denunciare le aberrazioni dei sanguinosi totalitarismi del Novecento e gli strascichi che ancora oggi portano con sé.
Mila Orlic (1976) insegna storia contemporanea all’Università di Rijeka. È stata borsista presso l’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia. Si occupa di storia della Jugoslavia e delle minoranze nazionali nei Balcani e nell’Alto Adriatico.