"Le grandi correnti della mistica ebraica" è un trattato di Scholem che ha aiutato molti lettori ad avvicinarsi alla Qabbalah. E lì, nel capitolo dedicato ad Abulafia, avranno trovato la lunghissima citazione di un testo che racconta il procedere di un’esperienza estatica. Quel testo, che sembra condensare in sé le peculiarità più affascinanti della speculazione cabbalistica, è lo Ša‘are sedeq (Le porte della giustizia), di cui mancava fino ad oggi un’edizione rigorosa e filologicamente attendibile.
Ce la offre ora Moshe Idel – lo studioso che ha degnamente occupato il posto di Scholem –, corredandola di un vasto commento; non solo: nel suo saggio introduttivo, che ha lo spessore di una vera monografia sulla Qabbalah estatica, Idel propone una convincente attribuzione delle Porte della giustizia a Rabbi Natan ben Sa‘adyah Har’ar, abitante di Messina e seguace di Abulafia nel periodo in cui questi operò in Sicilia, vale a dire nell’ultimo scorcio del XIII secolo. Potremo così finalmente avere accesso a una delle opere più abbaglianti della mistica ebraica in genere, nonché a una preziosa porta che ci introduce a tutta la storia della Qabbalah.