Della definizione di “bambino difficile” si fa oggi un uso estremamente e pericolosamente facile. La definizione di “normalità” si restringe sempre più, perché si guarda ai bambini attraverso lenti che ricercano il difetto, senza la capacità d’uno sguardo che apprezza e dà riconoscimento alla dignità del bambino. Sempre più spesso i comportamenti dei bambini sono considerati anormali: si trovano nuove definizioni di patologie e vengono somministrati farmaci e psicofarmaci.
Ma questi comportamenti esprimono un disagio di fronte alle condizioni di vita attuali, improntate al materialismo e a un modello di pensiero aridamente organizzato secondo schemi e regole. L’ambiente in cui i bambini sono costretti a vivere, soprattutto nelle nostre città, è sempre più lontano dalla comprensione dell’infanzia. Il disagio che i bambini esprimono non deve essere represso, ma ascoltato. La vita creativa cura le necessità e la sofferenza del bambino.
Non servono ambienti infantili artificiali, ma spazi liberi per l’infanzia, dove i bambini possano diventare ciò che sono, e non ciò che noi siamo o che noi vorremmo che fossero. Le figure di riferimento del bambino - genitori, insegnanti, educatori - possono, devono collaborare intorno a lui in un “cerchio protettivo”, dove il bambino è visto non come una macchina con dei guasti da riparare, ma come un essere umano in tutta la sua ricchezza emotiva ed aspetti positivi, con tutte le risorse che porta con sé come “progetto di vita”.
In questo libro Köhler racconta di una pedagogia del cuore e rinnova un messaggio a lui caro e fondamentale: che innanzitutto i genitori abbiano coscienza del proprio privilegiato ruolo di insostituibili persone di fiducia del bambino ed iniziati agli strati più profondi del suo essere – perché spesso proprio coloro che il bambino ha scelto come i più vicini compagni di destino, non riconoscono il loro status di prescelti.