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Chiunque si avvicini con onestà intellettuale a questo argomento vi ritrova tendenze millenarie, antiche, radicate: la stessa mitologia ci ha consegnato archetipi culturali – cioè idee, immaginazioni, figure – della donna come incarnazione della corporeità, della tentazione e nello stesso tempo della fragilità, dell’insidia, della sottomissione alla violenza dell’uomo in quanto espressione di una condizione originale, nativa, quasi istintiva. Donna fonte di vita e donna fonte di peccato: questa è forse l’icona più radicata nell’immaginario collettivo, da sempre.
Questa premessa inquadra brevemente una concezione storicamente scontata di inferiorità, difficile da scalfire e superare, quasi atavica, di cui il fenomeno della prostituzione è uno degli aspetti più rilevanti e tangibilmente accertati.
L’autore si affida alla narrazione di vicende umane, a storie brevi ma intense o accenna a condizioni esistenziali problematiche sulle quali non è difficile per chi legge esercitare un atto di intuizione e lo fa con lo scopo esclusivo di suscitare sentimenti, di ispirare riflessioni, di maturare il senso di umanità.
Un libro lontano dai facili moralismi che quindi non stimola giudizi ma coinvolgimenti emotivi per capire e far capire che nelle pieghe di ogni storia c’è posto per una gamma infinita di sentimenti: dall’ironia, alla pietà, alla vergogna, all’abiezione fino all’orrore.
E che la soluzione – se mai ce ne sarà una – non consiste nel ricacciare “tutte a casa” ma nell’aprire i cuori e le coscienze alla benevolenza, al rispetto e alla umana comprensione della vita altrui.
Ciò che il lettore trova in questo libro non intende espressamente contribuire alle argomentazioni proprie della denuncia sociale, alla stesura di statistiche o ad un approccio che studi l’etica sociale del problema.
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