Chi non ha riflettuto su che cosa ci aspetti dopo, o al di là dell’esistenza? Chi non ha sofferto atrocemente per amore, per un ideale tramontato nostro malgrado, per la perdita di un compagno di vita ritenuto insostituibile? Chi non ha amato ai limiti della follia o della beatitudine? Jagannatha, nelle sue poesie – tradotte per la prima volta in italiano dal sanscrito – a tutto questo dà voce e i suoi versi “spiccano il volo” e planano, ora cocenti ora commoventi, nella nostra anima.