"Lo Zen può solo essere vissuto, ma non lo si può definire, il linguaggio è inadeguato: lo puoi mostrare, ma non puoi dimostrarlo. Le storielle di cui è ricca la tradizione dello Zen sono semplici segni, tracce: non farne una definizione, non costruirci sopra una filosofia. Esse non aumenteranno la tua conoscenza, ma possono darti una scossa, un cambio di gestalt.
Potresti essere spinto fuori dalla mente logica. Osserva un po’ più in profondità, e proprio al di sotto della tua logica, troverai le fresche acque dell’intuizione e della fiducia, che scorrono indisturbate. Nella vita reale non si ripete mai la stessa situazione: se la tua mente è carica di conclusioni logiche, non sarai mai capace di rispondere e, nella vita, è necessario rispondere, non reagire: si deve agire partendo dal nulla, senza avere conclusioni prefissate, dentro di sé.
Si deve agire senza avere un centro, si deve agire nell’ignoto, partendo dall’ignoto. Lo Zen è un’arte, non una scienza; è femminile non maschile; non è aggressivo, è ricettivo; non è una metodologia perfettamente pianificata, è spontaneità. Non ha nulla a che vedere con le teorie, le ipotesi, le dottrine, i testi sacri; ha a che vedere solo con una cosa: la consapevolezza. Lo Zen è la via della spontaneità; è uno sforzo senza sforzo: è la via dell’intuizione”. (Osho)