La Isa è una delle Upanisad più antiche che appartiene, come la Brhadaranyaka, allo Yajur Veda “bianco”; malgrado la sua brevità racchiude una sintesi della dottrina Vedanta Advaita. La Isa Upanisad esordisce con un suggerimento meditativo già di per sé esaustivo: la totalità, apparentemente differenziata e molteplice, che si esprime nell’universale movimento conformato di maya, deve essere pervasa, saturata dalla consapevolezza del Signore, cioè dell’atman.
Ciò che percepiamo come molteplicità, a volte anche contradditoria, è dovuto al nostro angolo visuale, al nostro aderire all’effetto ultimo della maya che sembra conferire reale esistenza a ciò che è solo un’apparente modificazione dell’”unico e immobile” atman onnipervadente.
L’Upanisad traccia quindi una distinzione tra non-conoscenza (avida) e conoscenza (vidya), scindendo anche i rispettivi frutti. In questo contesto l’avidya non si riferisce all’ignoranza primordiale di ordine filosofico-metafisico ma all’attività rituale motivata da un desiderio e in funzione di un oggetto esterno, mentre la vidya disegna la meditazione formale (upasana) sulle Divinità-potenze (deva).
Ma di là dall’ignoranza e dalla stessa conoscenza vi è il puro Brahman, il Fondamento metafisico della totalità attuale e potenziale, l’Infinito pregno di inesauribile ricchezza espressiva che per la sua intrinseca natura rimane sempre Pienezza (purna). Data l’espressione singolarmente concisa di questa Upanisad, il Commento di Sankara si rivela particolarmente utile in quanto alcuni passi potrebbero risultare fuorvianti o prestarsi a errate interpretazioni.