La modernità nasce dalla rottura con il passato, dall’esplosione della soggettività, dei diritti, dell’aurora illuminista dopo il sonno della ragione. La modernità è l’epoca del frammento e delle minoranze, ma anche del totalitarismo e della catastrofe ecologica. Come valorizzare le libertà, diminuendone i rischi di degenerazione e le tentazioni totalitarie? Nel suo soggettivo e originale itinerario di vita, Langer ha scorto l’esigenza di riscoprire una cultura del limite, fondata sul dovere e sulla relazione, che sappia riconciliare le istanze delle diverse soggettività in conflitto tra loro e con l’ecosistema. Di fronte a questo compito, che non ha nessuna intenzione nostalgica verso un passato perduto né si consola per un finale risolutore della storia, non si può essere da soli, nonostante l’inalienabile solitudine dell’esistere. Non si può essere soli perché occorre un progetto comune, alimentato anche da quell’ironia che sa molto bene quale distanza corra “tra ciò che ci proponiamo e ciò che riusciamo a compiere”.
Un progetto che provi a riconciliare anche i sentimenti con la politica fatta di persone reali con le loro passioni e i loro limiti, affinché i primi non siano derubricati a semplici questioni private e la seconda non si riduca a un “necrosistema” sorretto da individui indifferenti. L’arcipelago di approcci e sollecitazioni che si incrocia nel pensiero di Langer, lucidamente ricostruito in queste pagine, contribuisce ancora oggi a un inedito paradigma comunicativo volto al dialogo e all’intesa.