La vita su Nuova Terra è dura, la tecnologia è molto primitiva, la gente lavora i campi con fatica, rischia la vita in miniera e patisce nelle saline. Ma le persone più potenti del pianeta fanno parte di un’oligarchia che governa su tutto, nella mancanza più totale di democrazia. Il principio di distribuzione della ricchezza e dell'importanza di ciascun individuo è un gioco, Epic. Tutti trascorrono ore e ore collegati, costruendo il loro personaggio virtuale.
Qui si combattono battaglie all'ultimo sangue, si vince o si muore. Quando si vince, si acquista potere che permette migliori condizioni di vita nella realtà. Un giorno Erik, un ragazzo, spinto dai soprusi e dalle ingiustizie di questo sistema, decide di agire: sovvertire le regole del gioco, per concluderlo e per ritornare a vivere e a costruire la realtà. Ma la serratura, il “pulsante” che spegnerà per sempre Epic si trova in un luogo difficile da raggiungere, l’Eterea Torre dell’Incubo…
Dietro a una piacevolissima ambientazione sospesa tra la fantascienza, la realtà virtuale e il fantasy, non è difficile riconoscere una vena polemica molto matura. Erik, il protagonista, è un adolescente come tanti, ma non è solo un ribelle: è anche un ragazzo in cui il desiderio di vivere una vita reale, più modesta magari, ma certo democratica, supera l'eccitazione delle avventure fantastiche all'interno del gioco.
La realtà virtuale è al servizio dell'uomo oppure è l'uomo a essere al servizio di questo mondo fittizio? Il ricorso alla violenza è davvero inammissibile in qualunque situazione? O non è forse il suo totale divieto una forma anche peggiore di violenza, perché toglie all'essere umano il suo libero arbitrio?