In quest'opera, summa dei pensiero junghiano sull'alchimia, l'autore si propone di approfondire la problematica dell'"Arte regia" trattandone l'aspetto centrale, ossia l'unione e il superamento degli opposti. Come indica il loro motto Solve et coagula, gli alchimisti ritengono che "l'essenza della loro arte stia, da un lato. nella separazione e nella soluzione e, dall'altro, nella combinazione e nella coagulazione".
Per essi si tratta quindi di una condizione iniziale in cui si combattono tra loro forze e tendenze contrapposte e, insieme, di un procedimento che dovrebbe essere in grado di ricondurre nuovamente a unità gli elementi e le proprietà a loro ostili, che in precedenza erano stati separati.
Nel pensiero junghiano la Coniunctio rappresenta evidentemente un'immagine archetipica umana che - raffigurata come "nozze mistiche" o chimiche - esprime la più intima nostalgia dell'uomo, abbia essa carattere erotico, religioso o anche tecnico-chimico.
Si tende dunque a unire ciò che è separato e, attraverso quest'unione, il singolo perviene a qualità superiori, raggiunge cioè la totalità e l'individuazione. Il processo esteriore - si tratti di un'operazione tecnica o di un atto religioso - diviene l'espressione simbolica di un fatto psichico interiore, che si manifesta anche nei sogni e nelle fantasie dell'uomo moderno, come Jung aveva già dimostrato nel suo scritto Psicologia e alchimia (1944).
Nei tre capitoli di questo primo tomo, lo psichiatra zurighese sviscera le singole componenti della Coniunctio, indaga sui paradossi della tradizione alchemica ed esamina alcune forme di personificazione degli opposti: Sol e Luna, Sai e Sulphur.
"Il lettore non avvezzo al linguaggio dell'alchimia - scrive Marie-Louise von Franz nella sua Premessa - potrà in un primo tempo rimanere sconcertato dalla gran quantità dei simboli e restare confuso di fronte al sovrapporsi dei significati; se però desse un'occhiata a qualche testo degli alchimisti, dovrebbe al contrario riconoscere quale enorme lavoro di ripulitura Jung abbia svolto in questo campo, nel suo procedere in modo sinottico, operando una vera e propria "extractio animae" dal caos." In questo senso si può dunque definire jung come ultimo epigono dgeli antichi Maestri con i quali riconosce, in definitiva, l'impossibilità di sviscerare il mistero della Coniunctio.