Il giardino impone virtù quali tenacia, diligenza, caparbietà. Il vero giardiniere è in realtà uno psicologo delle radici che deve coltivare l’arte della pazienza e mai arrendersi. Qualche esempio raccontato da un’autorità in materia.
Attraverso una serie memorabile di ritratti di celebri e meno celebri giardinieri, Paolo Pejrone ci racconta le gesta di professionisti, amatori o semplici ortolani che hanno dedicato la loro vita al giardino.
Passano così le care ombre di una nonna dedita alla sua rosa Paul Neyron, del maestro Russell Page capace di poderose architetture ma anche fedele alla modestia delle sue violette, dell’affabile Mab Wimborne chiusa nella verde severità dell’Isola di Guernsey, del divertito Peter Wolkonsky chino sulla selvaggia Demidoffia (uno spinacio noto anche come Tetragonia), dei primissimi maestri Giovanni e Maria, le mani nella terra dell’orto, intesi a dar forza e sapore a lattughe e cuori di bue. E, insieme a questi ritratti, ecco ancora la consueta verve del grande commentatore e polemista, in una sequenza di gustosi siparietti. Paolo Pejrone ci dice la sua su manifestazioni orticole, sulla fragilità del mughetto, sulla caparbietà della camelia, sull’identità del bianco come colore fondamentale del giardino.
La raffinata poesia delle illustrazioni è ancora una volta, come per In giardino non si è mai soli, quella di Gionata Alfieri.